A Londra, presso il 48 di Doughty Street nel quartiere di Bloomsbury, c’è oggi un museo, ma un tempo a questo indirizzo corrispondeva l’abitazione dove ha vissuto uno scrittore che può essere considerato l’inventore del Natale contemporaneo.
Stiamo parlando ovviamente di Charles Dickens, colui che ha scritto Il canto di Natale (A Christmas Carol), opera della quale ricorre quest’anno il 175° anniversario dalla pubblicazione.
Il Charles Dickens Museum ha voluto celebrare la cifra tonda aprendo le porte in una veste inedita, e ricreando il menu che il 25 dicembre veniva servito nella casa dello scrittore, seguendo le ricette tipiche della famiglia. L’appartamento sede del museo è una piccola casetta in stile georgiano che oggi ha un valore inestimabile ma che all’epoca ospitava un autore ancora in attesa di diventare una celebrità anche oltreoceano, e nelle camere è stato mantenuto l’arredo originario.
Per quanto riguarda invece l’allestimento del menu natalizio, sono state seguite le indicazioni presenti nel libro di ricette opera della stessa moglie di Dickens, per un pasto composto da più portate che rispecchia lo status dell’epoca di quella famiglia di classe media, con l’immancabile tacchino e con un dolce, il budino di prugne servito alla fine, che è diventato ufficialmente il Christmas Pudding dopo essere stato citato nel racconto.
Il cibo e soprattutto le difficoltà nel procurarselo per i personaggi più sfortunati delle sue storie sono sempre stati temi centrali nelle opere di Dickens, e non sorprende quindi che la mostra “Food glorious food: Dinner with Dickes” abbia riscosso grandi consensi. La lezione morale che di può ricavare da una simile mostra è la stessa sottesa ai suoi racconti più famosi, quelli intrisi di miseria e povertà: nessuno dovrebbe soffrire la fame, non solo a Natale, e quanto meno un bambino. E se persino l’avaro Scrooge ha saputo convertirsi alla solidarietà verso il genere umano, ben si comprende quanto sappia essere ancora attuale il messaggio del grande scrittore inglese, in un’età nella quale in troppo sembrano essere propensi a voltarsi dall’altra parte.